Ciccio Errigo, un personaggio dimenticato

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Ci capita sovente che nel nostro viaggio tra le cose perdute o dimenticate a Reggio troviamo lungo la nostra “strada” dei personaggi  che nonostante abbiano fatto brillare il nome della nostra Città siano finiti nel dimenticatoio e uno di questi è Ciccio Errigo.
Di bassa statura ,con piccoli occhi socchiusi, con un sorriso malizioso che gli sfiorava le labbra, l’aria bonacciona e un po’ sorniona, aveva come segni particolari il culto dell’amicizia.

Egli viveva in una casetta detta dai vicini “ la reginetta nel rione Caserta” la dove la festa di Madonna si divide fra Eremo e Città.

Ciccio Errigo istituì il primo gruppo Folkloristico” Canterini d’Aspromonte nel 1938 , che fu sciolto due anni dopo dallo scoppio del secondo conflitto mondiale.

E’ stato tra i fondatori del Teatro Sperimentale Calabrese istituito nel 1942 e del Piccolo Teatro istituito undici anni dopo , nel 1953.Fu ideatore e realizzatore insieme a Nicola Giunta e al Sindaco Andiloro della rassegna di Arte e Canto “Settembrata Calabrese”,Fu  ancora fondatore e direttore del complesso “Calabrisella” incise dischi con la VIS Radio e decine di migliaia hanno raggiunto ogni parte del mondo da Roma a New York, Montreal, Colombia, Brasile, Argentina, Australia etc; etc. Poiché ascoltando i dischi di Ciccio Errigo i nostri emigrati si sentivano trasportare idealmente nella loro terra d’origine vivendo così intensi momenti di nostalgia.

Egli fu poeta vernacolare di nessuna scuola , di nessuna accademia e di nessun premio., ma fu cantore della povera gente, minuzioso osservatore della vita semplice popolare o meglio come lo definì Giuseppe Marino “Cantore delle piccole cose” poiché sapeva tradurre in una garbata ironia gli avvenimenti di cui è fatta la vita di ogni giorno.

Non era difficile vedere il poeta all’angolo di una strada e sembrava distratto come se attendesse qualcuno, invece, seguiva il discorso di due donne che pettegolavano sulle comare del vicinato, che si raccontavano le loro pene. Egli coglieva il lato umoristico colorandolo e ne formava un “mottetto”.

Per cui Ciccio Errigo nella sua attività poetica cerco di cogliere quelli che sono stati gli aspetti più vivi e significativi della nostra gente, ritraendo e spesso ricostruendo pezzo per pezzo il mosaico di una tradizione perdutasi nel corso  dei secoli.

Al suo nome sono legate le opere dei Maestri Saverio Ligato, Giovanni Travia, Elia Zeban, Cesare Rindone, Giovanni Cortese per il canto e Domenico Nasone, che musicò quasi tutti i versi del poeta.

Nella festa patronale in onore della Madonna della Consolazione, Ciccio Errigo era il sovrano incontrastato ed ancora oggi il suo motto” Cù Guerra e Cù Paci sta festa si fici stà festa si faci” viene scritto , detto e ridetto.

Ma il binomio di festa di Madonna di una volta era Paolo Vazzana- Ciccio Errigo, e quando il Vazzana  cadde, in Africa , la tradizionale festa risentì di quella forzata assenza.

Ma dopo Ciccio Errigo, da solo, tenace e geniale ,ha onorato sempre la memoria dell’amico perduto.

Quanti carri allegorici egli ha allestito ,nessuno lo ricorda perché sono stati tanti.Quelli che sono rimasti vivi nella mente della gente  , di una certa età, sono i carri allegorici “ U’ Grammofunu i me’ zia” , “ U’ Fuddhittu”, “U’Forbiciuni, “Ddatta e ciangi”, e “ Cicciu na rassi, mali t’a passi”.

Mentre tra le composizioni che hanno lasciato il marchio sono “Stiddha d’oriente”, Novena natalizia( riproposta dal complesso Kalavria), “ Tra ‘na parma e ‘na rosa c’è ‘na gioa ”,”Il dramma del minatore calabrese”, “Maggiolinata Riggitana”, dedicata alla Madonna del rione Modena, “A’ Maronna i Polsi”dedicato alla famosa Madonna della Montagna, “ Ballatedda a chiari i luna”, “Pascuni a Sant’Elia”in cui è riportato il ricco frasario dei gitanti il giorno dell’Angelo.

Nella moltitudine delle tarantelle quelle di Ciccio Errigo si elevavano su tutte e fra queste”Tarantella ra’ malavita”, “ U’ Mastru i ballu”, “Mariuzza tarantella calabrisi”, A questo punto ci sembra opportuno ricordare anche i nomi dei cantanti che accompagnati dal complesso “Calabrisella” hanno eseguito le sue composizioni: Mary Sarica, Enzo Ferraro, Alessandro Nicolò Sandro Germanò, Mimmo Versace, Vincenzo Manti, Franco Calluso, Antonia Fiume, Tony Meduri, Franco Silipo, Fernanda Funaro e il duo Putortì.

Una domanda che ogni reggino dovrebbe porsi è questa: chi era  Ciccio Errigo? Ma che in verità nessuno si pone, perché gli “adulti” che lo conoscevano l’hanno dimenticato, i giovani non lo conoscono perché gli addetti ai lavori( Gruppi Folkloristici,Associazioni Culturali, Amministrazioni etc;) non l’hanno mai ricordato. Anche se egli appartiene a quella schiera di pochissimi privilegiati entrati nel favore e nelle grazie del popolo.

Solo il giornalista- scrittore Giuseppe Moscato stimolato dall’omissione fatta nel “libro” Letteratura Calabrese di Antonio Piromalli( in quanto il poeta reggino non figurava neanche nell’ultima pagina) scrisse “ La Calabria nella poesia di Ciccio Errigo” che concludeva così “ Ciccio Errigo ha i consensi del popolo i cui sentimenti è riuscito a trasportare nelle strofe e nelle rime e di tanto può essere soddisfatto poiché la voce del popolo è quella di Dio e quella di Dio è voce di verità”.

Invece noi vogliamo concludere con la speranza che la Consulta per la Toponomastica che ha ripreso i lavori(vedi ultime intitolazioni) ricordi di non dimenticare quei personaggi che con le loro composizioni musicali, vedi Pasquale Benintende , o con le loro liriche, nel bene e nel male hanno esaltato Reggio ,vedi Nicola Giunta e naturalmente Ciccio Errigo.

Nicola Riccardo Giunta,un poeta che “dipingeva” la realtà in cui viveva.

Nacque  a Reggio Calabria il 4 maggio 1895 e ivi morì l’1 giugno 1968.

Direttore della Biblioteca Civica per moltissimi anni, insieme al Sindaco Pasquale Andiloro fu il promotore dell’istituzione della “Settembrata Calabrese” rassegna culturale, musicale  artistica allora trascurate e sfruttate venivano valorizzate. Fu collaboratore di molti giornali fra cui La Gazzetta, Il Popolo di Sicilia ,l’Ora ,Il Corriere di Napoli e di Calabria.

Durante i fascismo si oppose alla dittatura e fu isolato dal mondo della cultura. Nella sua resistenza politica non si legò a gruppi antifascisti e dopo la liberazione fu sentimentalmente di sinistra ma gli mancarono coscienza di classe e il ruolo intellettuale democratico.

Pur essendo lontano dal mondo dei contadini e della dura realtà del lavoro della campagna Nicola Giunta fu vicino e con vivo entusiasmo al Miceli, Gallo, Alicata e altri dirigenti del movimento operaio e contadino nelle lotte per la rinascita della Calabria.

Per diversi anni frequentò il mondo del teatro lirico nel quale fu cantante baritono(cantò in opere liriche anche a  Londra).Estrosità, profluenza verbale straripante, facilità improvvisatrice, lo indicano di formazione napoletana.

La formazione poetica di Giunta avvenne sotto l’influenza dei vari Carducci, Pascoli, D’Annunzio. Infatti una sua opera “Il satiro al fonte”(Napoli 1931) risente dei” conviviali “ del Pascoli e dell’Alcione di D’Annunzio.

Moltissime sono le opere in lingua che non sono state pubblicate: Femia la donna del brigante Re Ezio – La Figlia di Augusto – Suor Adele – Il Vendicatore – La vittoria del Vinto. Ma i temi della regione hanno parte preponderante nella produzione giuntiana: da “Il poema della mia terra” a “I canti  dell’Aspromonte” a” I canti della Costa Viola”. Mentre  le opere di San Francesco da Paola” I canti Paolani”, “ San Franciscu a Catuna” e quattro epigrafi dislocati per la città di Paola costituiscono un vero e proprio inno al Taumaturgo di Calabria.

Nicola Giunta era uomo di Teatro e quindi autore prolifico di palcoscenico. Molta ricca e la sua produzione fra queste: Commedie Ironiche, La Nera,  Anna Verduci, rappresentata dalla Compagnia Grasso Balestriere che la tenne nel cartellone siciliano perché in dialetto.

Quandu a fortuna voli, Pupi e La moglie del mulattiere furono messe in scena dalla Compagnia Teatrale Reggina di Enzo Zolea.

Ha pubblicato dei poemi secondo la forma tradizionale rifacendosi  ai modi della lirica antica come si evince soprattutto dall’opera ”Sir Senzacuore ”(Messina 1928) “ I Canti Italici” e “I Canti della Repubblica”che esprimono in poesia civili le tensioni dell’Italia repubblicana e la nuova forma di Stato che fanno del Giunta il poeta  della patria e della Repubblica.

Ma Nicola Giunta fu conosciuto come poeta dialettale, per le sue favole e poesie dove egli aggredisce dialettamente l’oligarchia e il suo pantano ideologico, servendosi delle stesse espressioni del qualunquismo per lanciargliele, per contestarla, accusarla e mettere in luce i vizi.

Concettualmente Giunta  volle sempre avere  come obiettivo gli “ storti” invidiosi, i boriosi reggini i quali sono coloro che non si pongono in rapporto con gli altri ma restano chiusi nella loro ignoranza. Però il poeta non ha potuto o voluto precisare quali gruppi essi erano, ma di sicuro si dovevano ricercare nei politici e negli amministratori comunali del tempo.

La maggior parte delle sue opere in vernacolo sono rimaste inedite e sono state raccolte da Giuseppe Ginestra e disposte nella Biblioteca Comunale. Questi i titoli delle raccolte: U’ Crivu, Mutaru, Le Fauliate. Canzoni dialettale da musicare e Calavrisella.

Ma i segni del mondo lirico Nicola Giunta Restano nella raccolta “ I Canti del Focolare”(1955) la cui ispiratrice è la propria madre Ippolita Catanoso a cui restò legato per tutta la vita.

L’opera e la validità poetica del Giunta è stata portata a conoscenza delle nuove generazioni dal Circolo Reghium Juli, che ha promosso tanti dibattiti e istituito un premio e grazie a loro questo nostro poeta che “dipingeva” la realtà in cui viveva non è finito nel dimenticatoio.